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Lessona
23 Maggio 2015
Palasport Lessona
Biella
dalle 17:30 alle 24:00
Per info:
3358309525
Scritti tratti da “Le Ughe di Santo Gaudencio” di Giuseppe Graziola (2001) Riproduzione vietata
Lorenzo Clerico nel 1768 era massaro del Conte Giuvenone di Robella e si occupava dei terreni che il medesimo possedeva a Lessona, tra gli altri, delle vigne che si trovavano nella zone dove sorgeva l’antica chiesa medievale dedicata a San Gaudenzio,
Nel capitolato massaritio che regolava i rapporti di lavoro tra padrone e mezzadro si faceva appunto accenno all’obbligo da parte di quest’ultimo di conferire ...”le uve sia bianche che nere...” presso il tinaggio della casa del Conte in tempo di vendemmia.
Nel 1700 Lessona era un fiorire di vigneti che coprivano gran parte del territorio, ma quando iniziò la pratica della coltura della vite in questo paese?
Sappiamo con certezza che queste terre erano già abitate nel periodo romano come testimoniato dalla lapide del sagario con la sua iscrizione funebre fatta da Quinta sextilia al marito Quinto Quarto di professione fabbricante di saglie, cioè di rozze tuniche in uso presso i contadini.
A quei tempi, dunque, a Lessona si tessevano stoffe di canapa, ma i contadini coltivavano già la vite? Producevano vino?
Non vi sono, a quanto ci consta, documenti che comprovino questa attività ma con un ragionamento deduttivo possiamo affermarlo.
Nella righe che seguono faremo un breve riassunto della storia di questo vino.
Vibio Crispo, senatore ai tempi di Tiberio, era secondo Cornelio Tacito un illustre causidico ricco di denaro ed ingegno, possedeva terre nella nostra regione, sicuramente a Mottalciata e Ghemme: ville e vigne tenute, “a coltivazione specializzata, ed alle quali si rivolgevano pratiche culturali così diligenti ed accorte da far stupire anche un viticulture moderno”. (2)
Infatti le nobili ed aristocratiche famiglie romane, cui Vibio Crispo apparteneva, primeggiavano anche per i loro vigneti modello che erano, tra gli altri, una specie di status symbol dell’epoca.
Il sistema specializzato era appunto quello latino di viti basse, con palo a secco, che corrispondeva appunto al sistema a spanna. (5)
Più avanti vedremo che, proprio nel nostro paese, era in uso un sistema d'impianto simile a questo e noto con il nome di “sistema Lessona”.
Nel 1244 Vercelli si era ribellata all’imperatore Federico I e chiese al Papa la scomunica per Pietro Bicchieri, che capeggiava i ghibellini, e la deposizione dalla carica dell’abate di S. Andrea. Non solo per aver fatto omaggi ai familiari del ghibellino ma altresì:
[...]“…per aver donato un carro di vino alla moglie del marchese Manfredo Lancia, vicario dell’imperatore. Va da sè che per un dono a tanto autorevole signora il vino doveva esser del più eccellente che venisse prodotto sui colli di Gattinara e di Lessona”. (2)
Nel 1307 Fra Dolcino, dopo aver preso Varallo con i suoi 6.000 uomini si attestò sul Monte Rubello: siccome l'inverno si prlungava e i suoi nemici, non fidandosi ad attaccarlo lo stringevano d'assedio, l'esercito dolciniano iniziò una serie di razzie nei paese per procurarsi da mangiare.
Con altri paesi anche Lessona subì questa sorte e certamente nel bottino dei dolciniani non mancò il vino.
Sembra che nel secolo XIV la nostra produzione locale avesse già raggiunto un buon livello di abbondanza tanto che, nel 1380, per trasportare la quota comitale al castello di Zumaglia furono necessarie venticinque persone e trenta buoi.
Il 7 maggio 1436 “Comino e Domenico del fu Sig. Pietro de Bulgaro di Salussola, a loro nome e a nome di Zanino, Gabriele e Gillardino, loro fratelli, costituiscono procuratore il nobile Giovanni de Bulgaro del fu Martino, abitante in Lessona, per acquistare una vigna nella località denominata “al Zoppo”. (7)
Nel 1436, dunque, nella località dove ancora oggi fruttificano i più bei vigneti dell’Azienda Agricola Sella, già si producevano uve.
Il 7 maggio 1436 “Comino e Domenico del fu Sig. Pietro de Bulgaro di Salussola, a loro nome e a nome di Zanino, Gabriele e Gillardino, loro fratelli, costituiscono procuratore il nobile Giovanni de Bulgaro del fu Martino, abitante in Lessona, per acquistare una vigna nella località denominata “al Zoppo”. (7)
Nel 1436, dunque, nella località dove ancora oggi fruttificano i più bei vigneti dell’Azienda Agricola Sella, già si producevano uve.
Al Cinquecento risale un manoscritto molto importante per la storia della nostra Comunità: “Capitoli fatti dalla credenza vicinanza et comunità di Lessona a conseruatione di loro finagio et ben publico d’esso luogo sopra quali ricercauano la confermatione da sua Altezza” e la collegata “Confermatione delli Capitoli et Statuti della Comunità et homini di Lessona”.(9)
Si tratta di un documento con il quale la Comunità di Lessona chiede a Sua Altezza Emanuele Filiberto Duca di Savoia l’approvazione di una serie di ventuno articoli per dotarsi di uno statuto comunitario e della successiva confermazione da parte del Duca datata 15 dicembre 1579.
Questo statuto contiene molti riferimenti alla vita sociale dell’epoca e, conseguentemente, alle caratteristiche del territorio comunale nonchè alla principale attività agricola dei suoi abitanti.
Alle date 18 Ottobre 1563 e 16 Ottobre 1585 sono archiviati gli “Atti giudiziali del Sig. Antonio de Bulgaro contro Antonia Barbero del fu Giacomo da Lessona per l’esazione di staie 7 e mezza di vino e scudi 2 spettantigli su un appezzamento di vigna sito in Lessona nella località denominata “della Barbera” [...]
Il 18 Ottobre 1563 “Il Signor Antonio de Bulgaro dichiara di aver avuto da Giovanni Cornale uno staio di vino a titolo di affitto per un appezzamento di terra in Lessona e concesso a titolo di enfiteusi perpetua”.
Il 21 Ottobre 1572 “La Comunità di Lessona e il signor Antonio de Bulgaro transigono una vertenza relativa ad un appezzamento di terra per il quale la comunità era stata condannata dal podestà di Biella a pagare una somma in denaro e del vino”.
L’8 Settembre 1572 “Il dottor Ettore Grimaldo vicario del podestà di Biella ordina al primo messo giurato di inibire alla Comunità e agli uomini di Lessona di non arrecare molestia al signor Antonio de Bulgaro nell’appezzamento di terra detta “il Vignolo” e di pagare a detto signore uno botallo di vino e 164 fiorini a cui sono stati condannati”.
Il 21 Ottobre 1572 “La Comunità di Lessona e il Sig. Antonio de Bulgaro transigono una vertenza relativa ad un appezzamento di terra per il quale la Comunità era stata condannata dal podestà di Biella a pagare una somma in denaro e del vino”.
Il 7 Ottobre 1592 “I signori Gio Battista e Ferdinando del fu signor Antonio de Bulgaro, agiscono giudizialmente contro Francesco Zegna da Trivero per il pagamento di due somate annue in perpetuo di vino dovute a titolo di enfiteusi di un appezzamento di terra sito in Lessona nella località detta “alla Casazza” propria dei detti signori, come risulta dall’instrumento del 1° Aprile 1579”.
Da tutti questi documenti conosciamo i nomi delle località del nostro paese coltivate a vite già cinque secoli fa.
Già sappiamo che, molte erano a quei tempi le famiglie nobili che possedevano vigne a Lessona.
I signori di Rovasenda, ad esempio: [...] più di duecento bottali di vino in enfiteusi nelli luoghi di Lessona, Rovasio, Brusnengo, Messerano e Lozzolo, dove parimenti possedevano molti beni”.
Così si legge nella Breve descrittione delle famiglie e castello di Rovasenda scritto dal Della Chiesa. (2)
Altre ancora le testimonianze sulla bontà sopraffina del Lessona.
Il nobile Francesco Auregio, oriundo de Bellagio, che sposò la figlia del celebre scultore in legno Bartolomeo Termine di Zumaglia, allorchè verso la metà del Seicento scolpì le porte del Sacello di Oropa, volle essere pagato, oltre che in denaro, anche con una brenta di vino di Lessona e “del migliore”. (13)
Compare ora, nella nostra storia, anche il Santuario venerato da tutti i biellesi per almeno due buoni motivi.
Innanzitutto perché la Comunità lessonese, secondo alcuni nel 1690, ma più probabilmente nella prima metà dl 1600, fece costruire una Cappella sul Sacro Monte e la volle dedicata al miracolo delle nozze di Cana.
Il Santuario di Oropa ereditò, in forza del suo testamento datato 21 Luglio 1655, da Pietro Clerico “Ducal Nodaro” di Lessona molti beni, e proprio consultando L’inventario legale dei beni ed ereditàdel Pietro Clerico di Lessona di cui il Santuario nè è l’erede in forza di donazione del 16/12/1648 e testamento del 21 luglio 1655 troviamo testimonianza diretta dell’attività vitivinicola della Lessona del 1600. (16)
La superficie vitata, nel secolo XVIII, secondo i dati del catasto e delle relazioni degli Intendenti, era quella maggiore, nell’ambito delle terre coltivate.
I vigneti si estendevano in tutte le frazioni, nelle zone collinari ed in quelle più pianeggianti vicine alla baraggia.
Non è facile capire se nelle zone collinari persistesse la coltivazione a “rittochino”, cioè parallela alla pendenza del declivio, oppure esistessero già i terrazzamenti che, girando attorno alle colline, con la piantumazione delle viti e dei filari perpendicolari alla pendenza, consentivano una migliore regimentazione delle acque di scolo e, conseguentemente, una maggiore conservazione della fertilità delle parti alte dei declivi che, nelle nostre zone, erano e sono le migliori per la viticoltura.
Leggiamo nella Relazione periodica sulla campagna del 1861 documento a firma del Sindaco Cappa, custodito nell’Archivio Comunale che:
Il territorio è diviso in piano ed in colle, la sua estensione desunta da catasto è di ettari 809 are 26, la popolazione secondo l’ultimo censimento del 1858 è di 1.240 abitanti.
Il principale raccolto di questo Comune sono le uve, le quali da dieci anni sono venute mancanti per cagione dell’imperversare della crittogama, la quale ha ridotto non solo tutti li vigneti in pessimo stato non più atti a produzione, ma che tutti li proprietari sono costretti a rinnovellare li piantamenti delle viti, operazione che richiede una grave spesa, per il profondo dissodamento a farsi al terreno; non operandosi in questo modo, le proprietà rimarrebbero per sempre passive come lo sono al presente, perché il piccolo raccolto delle granaglie che si fa, che non merita speciale menzione, non compensa soltanto le spese di coltivazione. E’ da considerarsi che ben pochi sono in condizione di poter sopportare una tale spesa, perché la mancanza per dieci anni consecutivi del principale raccolto, ha ridotto li proprietari in una miseria tale, che essi sono nell’impossibilità di sostenere una sì vistosa spesa, per cui il provvido Governo non dovrebbe mettere in oblio questo infelice Comune; sebbene sia venuto alla luce il modo di preservare dal malanno le uve colla solforazione, rimane tuttavia insignificante a quest’ora per la mancanza delle viti. (37)
Identica la situazione del 1862: lo deduciamo dalla consueta relazione del Sindaco in cui troviamo anche riferimenti sui quantitativi di produzione prima e durante la crisi determinata dall’oidio:
I principali raccolti consistono soltanto in quello delle uve, per esservi tutto il suolo coltivato, popolato di viti, per cui i seminativi rimangono di poca entità: la quantità delle uve è ridotta così poco da considerarsi per nulla stante il malanno della crittogama per undici anni consecutivi, che fece perire un gran numero di viti e rese infruttifere le poche rimaste, talchè prima del detto malanno potevasi calcolare su decennio, un raccolto di vino attuale ettolitri 8000 e più, e nello scorso anno dai 70 alli 80 ettolitri, mediante buone solforazioni.
Alla fine dell'Ottocento, la situazione della viticoltura era quindi migliorata: costante ricerca sui metodi di coltivazione, una buona disponibilità alle innovazioni colturali, soprattutto da parte dei grandi produttori.
Mentre ancora l’industria tessile a Lessona era agli inizi, la principale attività lavorativa in paese, dunque la principale fonte di reddito, era la viticultura, sia per chi produceva in proprio, sia per chi prestava la propria mano d’opera, a vari livelli, come mezzadro o semplice bracciante, nelle vigne dei signori.
Fu introdotta in Europa da viti americane manifestandosi per la prima volta in Inghilterra nel 1863 nelle serre di viti di Hammersmith; in Francia le prime distruzioni di vigneti risalgono al 1865 nella regione del Gard, al 1866 nella Gironda e al 1868 in Provenza e Linguadoca.
Il 15 giugno 1868 una commissione di tre viticoltori: Felice Sahut, Gaston Bazille e Giulio Emilio Planchon scoprirono ed iniziarono a descrivere il ciclo vitale della filossera in Provenza.
In Italia questo terribile afide si manifestò dieci anni dopo, nel 1879, a Valmadrera, Agrate e Civate e nel 1880 a Caltanissetta e Messina.
Nel 1907 la superficie coltivata a vite nel Comune di Lessona era di ben 400 ettari [si tenga conto che attualmente il territorio del Comune è di 1.170 ettari e che il maggior produttore vinicolo coltiva 8 ettari e mezzo] con una produzione vinicola di 16.000 ettolitri.(57)
Se dovessimo tradurre questa produzione in bottiglie di vino corrisponderebbe a due milioni trecentomila. Pur considerando che non si trattasse tutto di vino di qualità, il territorio di Lessona, a quei tempi, produceva quantitativi paragonabili a quelli attuali delle zone vinicole tipiche e più importanti del Piemonte.
Ebbene la produzione del 1907, in verità piuttosto abbondante visto che era un 133% rispetto alla produzione media rapportata a quella del 1906 era quattro volte superiore: questo significa che nel 1906 la produzione di 4.000 ettolitri. Evidentemente questo era il frutto della grandinata che nel 1905 aveva letteralmente fatto a pezzi i nostri vigneti.
Dalle stesse statistiche ricaviamo i dati del 1908: sempre 400 ettari di superficie coltivata per una quantità di vino prodotto di 14.000 ettolitri.
Il 24 Dicembre 1930 il Podestà relazionava al Consiglio Provinciale dell’Economia di Vercelli sulla produzione agricola comunale 1930, sentiti i pareri di un gruppo di agricoltori appositamente chiamati e scelti fra i più competenti:
Nell’annata agricola 1930 si calcola siano stati prodotti da 6 a 7.000 ettolitri di vino; da 300 a 400 quintali di granaglie, da 12 a 15.000 quintali di foraggi, da 150 a 200 quintali di cereali.
La produzione vinicola si può ritenere la più importante, dovuta anche alla configurazione del terreno del Comune generalmente collinoso, e che adattasi quasi esclusivamente alla coltivazione della vite.
Si sono prodotti quest’anno vini leggeri di colore ma in compenso di buona gradazione e di certa conservazione. La produzione del tipico “spanna” è stata buona anche pel 1930: si calcolano prodotti da 200 a 300 ettolitri di questo vino con ottima gradazione. L’attuale situazione viticola si può ritenere nel miglior periodo di produzione essendo i vigneti per la quasi totalità rimessi a nuovo, Il mercato vinicolo si può dire attualmente buono per quanto riguarda i quantitativi di richiesta e di vendita: non così si può dire dei prezzi, discesi senza confronto alle esigenze di coltivazione ed alle mercedi operaie. Si conchiudono oggi contratti a prezzi inferiori alle 100 lire all’hl. per merci di produzione del 1929 e anche rimanenze del 1928.
Con tutto ciò l’agricoltore non abbandona l’innato entusiasmo per la coltivazione della vite: cerca di selezionare detta coltivazione ma per migliorare il prodotto.
Pure un buon sviluppo ha preso la coltivazione delle viti per uva da tavola e di frutteti. (58)
Nel 1941, nonostante il periodo portasse alla ribalta ben altri problemi, il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, precisamente il 29 agosto, emanò un decreto in cui si stabiliva la possibilità che i vini da non considerarsi di normale consumo, potevano essere dichiarati di produzione pregiata dal Comitato centrale per il controllo dei prezzi. Nella varie province questa opportunità venne segnalata a tutti i Comuni per istruire le apposite pratiche.
Anche a Lessona il Consorzio provinciale tra i produttori di Vercelli, sezione viticoltura, inviò una lettera al Podestà Garlanda, il 17 settembre 1941, dal momento che a Lessona si producevano vini con “pregi particolari”.
Il 19 Febbraio 1970 si tenne una riunione tra i sindaci di Cossato, Quaregna, Cerreto Castello, Valdengo e, naturalmente, Lessona con i produttori locali nella quale si richiese, appunto, di estendere la tutela a tutta la zona comprendente questi Comuni. Inoltre si propose un disciplinare che consentiva, nella preparazione del vino, l'introduzione di un 25% di uva Merlot per “ammorbidire” lo Spanna e di un 5% di vitigni completamente locali.
Nel successivo mese di novembre la richiesta venne esaminata a Vercelli: la Commissione di autorità e tecnici stabilì di rimandare la decisione per approfondire la richiesta di mescolare il Merlot e la Spanna.
Nella primavera del 1971 tramontò l'ipotesi di allargare la zona di produzione ad altri Comuni poiché venivano a mancare le condizioni previste dalla legge sull'immissione in commercio, da almeno dieci anni di vini con la medesima denominazione.
Il 22 Aprile 1971 il sen. Desana, il prof. Tarantola e il dott. Garrone vennero a Lessona per visitare i vigneti e per compiere alcuni assaggi di vini locali.
La pratica restava però ferma per la questione della richiesta di introdurre il Merlot.
Dovevano passare ancora tre anni prima che la richiesta del DOC avesse, finalmente, il parere favorevole degli organi competenti.
Il 3 luglio 1974 il Sindaco di Lessona, Adolfo Cerruti ed i signori: Venanzio Sella, Maurizio Ormezzano, Casimiro Bianchetto, Corrado Pizzaguerra, Giulio Revolon, Guido Grosso, Lino Bianchetto, Basilio Cappa, Remo Cappa Zenna, Sandrino Clerico, Bruno Pizzaguerra, Lino Clerico Nasino, “produttori viticoltori di Lessona si onorano di presentare domanda di riconoscimento della denominazione di origine controllata del vino Lessona prodotto in questo Comune di Lessona”.
Il 3 Dicembre 1976, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone firmava il decreto di riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata al vino Lessona, poi pubblicato il 2 Marzo 1977 che rappresentava e rappresenta il coronamento di un lungo e secolare impegno volto alla produzione di uno dei vino più antichi e nobili non solo del Piemonte.
Nel penultimo censimento dell'agricoltura, quello del 1990, la superficie coltivata a vite era pari a 27,30 ettari, cioè 71,4 giornate: la quattordicesima parte della superficie del terreno vitato dell'inizio del secolo e la decima parte di quella della Lessona del Settecento. (68)
Giunti verso la fine del nostro racconto, invitiamo ora il lettore a percorrere la lunga galleria delle medaglie e dei trofei del nostro vino.
Nel 1867 Roberto Beglia, padre di Corinna, portò il suo vino all'Esposizione Universale di Parigi e nel 1873 alla Mostra internazionale di Vienna.
A Parigi espose anche il lessonese Vincenzo Crolle.
Menzione onorevole all'Esposizione vinicola di Biella, del 1872 (Casa Senatore Casimiro Sperino).
Diploma medaglia d'argento dorato, Esposizione Nazionale di prodotti alimentari - Roma 1900 (Casa Avogadro Conte di Quinto).
Diploma di medaglia d'oro - Prima Esposizione Campionaria Intenazionale Vinicola ed olearia - Milano 1902 (Casa Avogadro di Quinto).
Diploma di medaglia d'oro - Esposizione Internazionale - Torino 1911 (Casa Avogadro di Quinto).
Diploma medaglia d'oro - Esposizione Agricola di Biella - 1920 (Casa F.lli Sella)
Diploma medaglia d'oro - Esposizione Agricola e Industriale di Novara - 1926 - (Casa comm.le Oreste Boggio)
Diploma medaglia d'oro - Esposizione Nazionale ed Internazionale - Torino 1928 (Casa Sperino e Bianchetto Felice)
Gran diploma e medaglia vermeille - Esposizione agricola ed Industriale di Vercelli - 1930 (Casa Sella - Sperino - Avogadro di Quinto - Bianchetto Felice)
Scritti tratti da “Le Ughe di Santo Gaudencio” di Giuseppe Graziola (2001) Riproduzione vietata

Comune di Lessona
Immerso nelle Prealpi Biellesi
I colori del Vino - Degustazione Vini dell'Alto Piemonte